Trigesimo

TRIGESIMO, 15/05/18

Don Gigi Lodesani

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Dov'è Gesù adesso? Questa domanda che sentiamo ancora così viva pungente verso Umbo è la stessa domanda che sentiamo fatta a Gesù perché la risposta è la medesima, è identica: Dov'è Gesù adesso? Possiamo dire secondo la scrittura di oggi "è in cielo, è salito", abbiamo un cielo stasera che ci fa sembrare reale questo momento descritto nel Vangelo. È scomparso nascosto dalle nubi. Eppure questa sera, tra poco tempo, celebreremo l'Eucaristia, faremo la comunione, avremo Gesù presente qui con noi, in mezzo a noi. Ecco, è in cielo oppure è qui? Questa domanda è la domanda a cui si sono trovati anche gli apostoli, in fondo è la domanda che apre il Vangelo: "Signore dove abiti? Dove dimori?".È bello vedere che la domanda iniziale del Vangelo è anche la domanda finale, è la domanda anche della nostra vita: "Signore dove sei?".

Gesù sale in cielo per ritornare dove è il suo posto, alla destra del Padre; per ritornare in quella comunione più vera, più profonda con il Padre che ha caratterizzato tutta la sua vita. Possiamo però rispondere in modo più pieno che "Gesù è in cielo ma anche sulla terra". E' facile un riferimento a ciò che diceva Umbo negli ultimi mesi, diceva: "Si balla sempre tra l'abisso e il cielo" pensando alla soglia privilegiata dalla quale ormai guardava tutte le cose della nostra vita, del mondo. Ecco l'Ascensione ci riporta a questo, a sapere guardare le cose attraverso il cielo, a stare in questa vita, in questo mondo, senza dimenticare questo sguardo perché l'essenziale, le cose fondamentali, rimangono invisibili ai nostri occhi.

Gesù scompare dalla vista dei suoi apostoli eppure è una presenza assai reale, concreta. Anche noi siamo fatti per salire in cielo, siamo fatti per il cielo. La storia dell'umanità ci parla proprio di questo, da sempre, sia nelle scritture religiose che in quelle più pagane -il tentativo della torre di Babele, il mito di Icaro che tenta di arrivare in cielo- perché siamo fatti per questo, siamo fatti per il cielo, siamo fatti anche noi per salire, per ascendere.

La vita di Umbo soprattutto negli ultimi anni ci è stata molto evidente e ci dice e ci parla proprio del Vangelo e ci ricorda che per potere salire dobbiamo prima scendere. È stato così per Gesù, colui che ascende al cielo è colui che prima è disceso. Per poter salire dobbiamo scendere, dobbiamo imparare a svuotarci, dobbiamo imparare l'umiltà, dobbiamo imparare l'essenzialità. E sempre Umbo ci diceva "se svuoti tutto perché la malattia ti toglie tutto capisci che ti rimane in mano quello che è la tua vita, quello che è stata la tua vita, ti rimane l'essenziale". Come sappiamo dal piccolo principe "L'essenziale è invisibile agli occhi", Gesù ascende, Gesù che è presente eppure è invisibile ai nostri occhi.

Diceva Umbo con grande chiarezza "la cosa che ti rimane quando ti svuoti di tutto è la vocazione". Come abbiamo ascoltato nella seconda lettura quello che ci rimane è la nostra vocazione "una sola speranza, una sola Fede", questa è la nostra vocazione, la fede di sapere che siamo fatti da Dio, siamo amati da Dio e siamo in cammino, siamo in viaggio, per ritornare a Lui.

Diceva sempre Umbo "il Signore mi fa toccare con mano le forme di questo amore a cui mi ha chiamato, la mia vocazione è una vera bella comunione di amore". E questa forma che poteva toccare con mano era innanzitutto Chiara, poi diceva 'nostro figlio Simone', gli amici, i sacerdoti. Ecco la forma concreta del Suo amore, la forma concreta dell'amore di Dio.

Allora proprio davanti a questa festa, la festa di Gesù che ascende al cielo, che ci fa sentire così vicino il cielo e la terra, che ci fa sentire questo connubio e anche sapere Umbo vive davanti al Signore, in compagnia di Lui, ci dà questa consapevolezza, ci dà questa sensazione.

Essere cristiani significa stare con la faccia all'insù; sembra che siano un po' sgridati gli apostoli che guardano in alto da questi due uomini in bianche vesti. Il Signore non ci vuole far stare con la testa fra le nuvole, però ci chiede di avere uno sguardo fisso verso la metà, di non dimenticare per cosa siamo stati creati, per cosa siamo stati fatti.

Gesù se ne va per potere stare tutti i giorni fino alla fine con noi. Questo è il paradosso della festa di oggi, Gesù che sale al Padre per poter essere ancora più vicino a noi. É il mistero grande della 'presenza nell'assenza'. È il mistero grande che vogliamo celebrare oggi, di cui vogliamo ringraziare il Signore perché ci fa sentire Umbo così vicino, così vivo, perché ci fa non avere più paura così tanto della morte ma ci fa desiderare il Paradiso.

La fede vede ciò che ancora non si vede e prova delle cose che non si vedono.

Vorrei concludere con una cosa che mi ha colpito negli ultimi mesi sia di Umbo che della Chiara. Come leggiamo nella Lettera agli Ebrei "nei giorni della sua vita terrena offri' preghiere e suppliche con forti grida e pianti a Colui che poteva liberarlo dalla morte e fu esaudito", allo stesso tempo ho sentito dire più volte da Umbo e la Chiara che "tutte le cose che abbiamo chiesto al Signore ce le ha date, ce le ha ottenute". Mi è sempre sembrato strano e ho visto un collegamento con queste parole. Come Gesù è stato esaudito, salvato dalla morte, visto che la morte l'ha vissuta? E come Umbo e Chiara potevano dire "in tutto quello che abbiamo chiesto il Signore ci ha esaudito?" E penso che siano vere tutte e due queste parole, sia assolutamente vero che il Signore ha esaudito ogni preghiera, che il Signore è il Dio della vita. Come Umbo ha chiesto, offerto tante cose mentre era nella malattia, oggi oltre a chiederle ha un grande potere per ottenerle. Ne abbiamo già tante prove in questi primi 30 giorni, di quanto sia forte la sua presenza, la sua intercessione e la sua vicinanza a noi.