Paolo Franzelli (Franz)

15 aprile 2020, testimonianza in occasione di un incontro con un gruppo di ragazzi del MovGiovani


La nostra storia parte da molto lontano, dai tempi del liceo Scientifico di Sassuolo, dove ci siamo trovati a frequentare la stessa classe. Umbo mi ha subito colpito per la sua allegria e spensieratezza, per la sua gioia di vivere contagiosa, ma anche per la determinazione e coraggio con cui affrontava ogni cosa. Ma la vera scintilla fra noi due è scoccata in occasione di una cena di classe (non mi ricordo se durante la 3° o 4°), un sabato sera tutti a festeggiare la fine della scuola in una casa di campagna che aveva Umbo poco fuori Sassuolo. Giunti sul posto, per raggiungere la casa bisognava attraversare un torrente e percorrere una lunga strada sterrata in salita. Mentre ci stavamo ancora chiedendo come poter fare, vedo sopraggiungere un fuoristrada Suzuki tutto infangato (già allora ero un super appassionato di Jeep..) si avvicina a noi, apre la portiera e chi vedo alla guida…ma si era proprio Umbo che tutto sorridente mi dice “salta su” e a tutta velocità guadiamo il fiume e raggiungiamo la casa. E’ diventato subito il mio idolo: noi al tempo eravamo ancora minorenni e non avevamo la patente, io al massimo avevo guidato un motorino, Umbo invece sapeva già guidare la macchina e per di più un Suzuki (il mio mito) e con quale maestria e sicurezza… Ricordo che il giorno seguente siamo stati a scorazzare tutto il giorno per le stradine di campagna attorno a casa sua, cronometro alla mano per cercare di battere il record sul giro.
La determinazione! Una qualità che ho sempre ammirato in lui e che pian piano, crescendo nella conoscenza reciproca e nell’amicizia ho capito che per lui era una vera virtù. Tutto questo nella sua vita si traduceva in una tenace volontà di non accontentarsi mai di quello che era o che faceva, di una vita “mediocre”, ma di ricercare sempre il meglio provando a mettere a frutto i tanti doni che aveva. E questo lo si poteva vedere con chiarezza in ogni aspetto della sua vita, prima nell’amicizia, poi nel rapporto di coppia e nella famiglia, poi nell’educazione dei più giovani e soprattutto nella fede, nel rapporto col Signore. In una lettera che Umbo mi scrisse come augurio di Pasqua di qualche anno fa diceva così “Nel mio difficile cammino di fede ho imparato che non devo accontentarmi, anzi non posso accontentarmi. Questo non perché abbia chissà quali pretese o sia preso da un’estasi di perfezione, ma perché ho sperimentato sulla mia pelle che se abbasso anche solo un poco il tiro, io cado.”
Ripercorrendo la mia vita riconosco che sono davvero tante le occasioni in cui Umbo con una parola o con un semplice gesto, ma ancora di più con il suo luminoso esempio, mi ha spinto a tirare fuori qualcosa di buono da me e mi ha portato a crescere e a guardare in alto. E di questo lo ringrazio molto.

Maria Pagano

15 aprile 2020, II anniversario


Scorrevano lentamente quelle ore notturne tra il 14 e 15 aprile 2018, mentre scorrevano anche tra le mia dita, loro senza tregua alcuna, le parole di Sant’Agostino, delle sue Confessioni, e mi fermavo puntualmente lì: “Beato colui che ama Te, e l’amico in Te, e il nemico per tuo amore. Non può perdere nessuno dei suoi cari solo chi ama i suoi cari in Colui che non si può perdere” (Sant’Agostino, Confessioni, Libro IV, cap. IX). Quella parola diventava un’ardente speranza per me, non volendo accettare quel distacco oramai certo. Se ne stava andando un amico caro, che tanto aveva cambiato la mia vita.
Ripercorrevo con la memoria i tempi passati, la prima volta che avevo visto Umbo era sulle scale del foyer alla Consolata; Parrocchia, che da qualche tempo avevo iniziato a frequentare. Era il 1999 e tornavo da Bologna dopo aver conosciuto l’esperienza della Fuci, in una bella macchinata con Chiara, Matte, Maria Rita ed alla guida quello che sarebbe diventato don Andrea. E Umbo aspettava lì, fumando, sguardo schivo ma incuriosito…quasi imbarazzato, aspettava la sua morosa, bella e sorridente. Di quel sorriso gioioso Chiara deve aver contagiato il suo amato e da questa “malattia” possiamo testimoniare Umbo non si è mai ripreso!Chi l’avrebbe mai detto che l’amicizia con la loro coppia sarebbe diventata così importante nella mia vita! E qui mi viene alla mente un’altra macchinata, verso gli esercizi spirituali di Gaiato. Anno 2003. In quel viaggio con i coniugi Roversi e Loredana e con noi l’amico di Umbo, quello che lavorava con lui, aveva studiato con lui, che era un po’ in crisi,…e che sarebbe diventato l’uomo del mio “per sempre”, mio marito. Potrei dire che Umbo con il suo contributo mi abbia aiutato a realizzare la mia vocazione in una imprevista storia di incontri.
Penso ai momenti di preghiera ed il servizio insieme alla Casa della Carità, in parrocchia, il suo ingresso in Azione Cattolica, e la vita comunitaria. Come uomo e come coppia, Umberto e Chiara sono cresciuti e maturati tanto e certi doni che contraddistinguevano Umbo sono anch’essi cresciuti e maturati con il tempo. Con il tempo e con il dono di sé.Umberto aveva una grande capacità di renderti partecipe delle sue abilità: a partir dalle sue capacità sportive, a tutti note. Sugli sci, ad esempio. La montagna, gli sci, la neve: era un luogo prediletto da Umberto e vederlo sciare era un piacere! In un campeggio invernale della parrocchia, anziché andare a sciare e divertirsi con gli altri, si era fermato con me ventenne ad insegnarmi a sciare, cosa tutt’altro che scontata per la sottoscritta! Eppure anche in una cosa come questa sapeva essere maestro. Si fermava a spiegarmi la teoria, accompagnando le parole ai disegni sulla neve con la punta della bacchetta. L’angolo da formare con le gambe nello sciare, il perché ad una certa postura seguiva quel movimento e perché infine sciare poteva essere possibile anche per me, che mi sentivo così imbranata! Aveva questa grande capacità di semplificare cose apparentemente difficili e di snocciolarti cose improbabili. Il suo accompagnarti ti aiutava a superare la paura ed il timore di cadere. Era un accompagnamento che si fondava su argomenti ragionevoli e fondati come te li mostrava lui (e mentre lo scrivo mi sembra di sentirlo parlare!). Ma poi non si fermava a mostrarteli ma ti chiedeva a che punto eri del cammino. Si sapeva far carico dell’amico.
Se lui viveva qualcosa di bello, stanne pur certo che non lo teneva solo per lui ma amava condividerlo…come lo spezzare il pane insieme ai suoi amici!Amava Vasco Rossi…tutti lo sapevano. Ricordo un altro viaggio in macchina con lui diretta (o di ritorno?) al campo AC a Sant’Antimo. (Campo veramente bello, dove tra l’altro avevamo avuto occasione di partecipare ad una udienza dell’amato Papa Giovanni Paolo II a Castel Gandolfo. Il ricordo richiama le ore notturne trascorse tra le belle chiacchierate a scrivere le nostre lettere piene di sogni e speranze da consegnare al Papa in occasione dell’Udienza con quella giovane convinzione che sa farsi realtà. O anche le preparazioni alle confessioni tra amici in una serata resa ancor più luminosa dalla luna piena). Constatata la mia ignoranza su Vasco Rossi, Umbo ha trascorso tutto il viaggio raccontandomi della vita e dell’evoluzione umana del cantante, dando voce alle sue compilation, quasi come in una catechesi, appassionando senza precedenti anche me a Vasco! Aveva una grande capacità di ascoltare l’uomo senza pregiudizi. E ancora oggi sentire una nota di Vasco mi riporta a lui.
Altre volte, anche nella mia vita da sposa ho sperimentato questa sua capacità di renderci partecipi delle cose belle che lui faceva, ai tanti inviti e coinvolgimenti per me e Massy nel far servizio in cucina nel campeggio dei ragazzi della parrocchia; nell’interrogarci sulla vita comunitaria o nelle attività del Movimento Giovani, che da un certo punto in poi è diventato luogo principale del suo servizio e della sua presenza; negli incontri giornalieri sul lavoro con mio marito che lo custodivano in un’amicizia speciale, portando tanto bene alla nostra famiglia.
Anche nella sofferenza della malattia ha saputo farsi pane spezzato per i suoi amici: ricordo quella mattina in cui al risveglio, acceso il cellulare, è comparso il suo messaggio, che diceva così “Stanotte ho portato uno ad uno ciascuno di voi al Signore”. Ho pensato: niente, nessuna briciola di questa sofferenza andrà perduta! E gli ho risposto “Ti voglio bene, Umbo!”. Non potevo sopportare l’idea di non avergli detto neanche una volta espressamente il bene che avevo per lui. Umbo ha saputo donare tutto sé stesso per gli altri. Anche la sofferenza, come i motivi di gioia e le sue abilità, divenivano luogo di condivisione come mai avrei pensato potesse esserlo. Nella malattia ha saputo aprirsi agli altri: ci ha resi partecipi di quel che gli accadeva passo, passo. Ogni tac, ogni esame, ci diceva com’era andata…era un modo nuovo per me di vivere la prova e lo ringrazio. Nel chiederci di unirci alla preghiera per lui, perché si facesse la volontà di Dio, mi tornavano alla mente le parole dell’Esodo, quando si racconta di Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, che sostenevano le mani di Mosé perché si facevano pesanti e Mosé era stanco. E quando Mosé teneva le mani alte verso il cielo il popolo d’Israele guidato da Giosué vinceva. (Esodo 17, 11-12). Così anche lui ci chiedeva di sostenergli le mani, alzandole verso il cielo, perché la preghiera si facesse incessante e le forze non venissero meno.
Oggi, invece, credo che nel chiederci di pregare per lui, in realtà, lui stesso si facesse preghiera vivente per noi amici, forgiando con il fuoco dell’amore le nostre anime, annodandole insieme in una comunione con lui che mai finirà. Ed allora quella parola di Sant’Agostino che era ardente speranza la notte della sua salita al cielo, oggi è diventata una profonda convinzione: “Non esiste vera amicizia se non è cementata da Te tra coloro che Tu stringi a Te «nella carità diffusa nei nostri cuori dallo Spirito Santo che ci è stato dato»” (S. Agostino, Confessioni, Libro IV, cap. IV). Umbo ci ha indicato la strada perché la nostra amicizia fosse “per sempre”, cementandola nel Signore.
Tante cose ancora si potrebbero ancora scrivere e raccontare su Umbo ma oggi mi fermo qui.

Davide Casolari

15 aprile 2020 - da Facebook


Ehi ciao umbi . Oggi è l’anniversario della tua nascita in paradiso . Ormai già il secondo . 2 anni pesantissimi senza di te . ogni volta che ti penso piango ancora ..o ..se non piango , cerco di contenere le lacrime per non farmi vedere da nessuno proprio come facevi tu , dando forza a tutti nonostante la debolezza . non sai quanto vorrei che mi vedessi in questo momento per sperar di poterti rendere fiero di me . “Renderti fiero di me “ Quello che ho provato a fare in tutta la mia vita ma che ,per sfortuna , non sono mai riuscito a fare . Ancora questa cosa mi fa stare male . Ti volevo ringraziare per essere stato un esempio di vita per me. Ti ringrazio per avermi dato la forza di andare avanti nonostante I miei problemi , avuti dopo quello che è successo. Ti ringrazio per essere stato lo zio migliore del mondo, lo zio che ho sempre desiderato. Ti ringrazio per avermi insegnato le cose importanti nella vita, aiutare gli altri senza fare pesare i propri problemi, proprio come facevi tu con me . Mi manchi tantissimo . Fra poco esce il mio album..cacchio umbi..sei in ogni mia canzone . ti ho pensato in tutte ..c’è una parte di te in tutto ..come una parte di me . Il tuo sorriso , i tuoi racconti , la parte migliore di entrambi . Sei sempre il migliore per me e lo rimarrai per sempre ❤️voglio ricordarti oggi con alcune delle tue parole : se svuoti ogni cosa .. perché ti viene tolto tutto .. capisci cosa ti è rimasto in mano di quello che è stata ed è la tua vita . E..Io..di tutto ciò .. vorrei aver capito quasi ogni cosa proprio come tu . Cercherò sempre di fare del mio meglio , sopratutto per te ❤️ ciao umbi ❤️ ❤️ Umberto Roversi

Sara Benassi

Grazie Dio per aver fatto in modo che la mia vocazione incontrasse Umbo. A lui sono molto care le vocazioni e con me, mio marito e la nostra comunità ha concretizzato il suo pensiero. Ci ha dato fiducia, guidato, e dato l’esempio di eucarestia, padre ed educatore. Grazie perché un anno fa abbiamo vissuto un funerale con una bimba di 15 giorni tra le braccia. Non sapevo quale fosse la priorità e fatico a deciderlo tuttora: la vita o la morte? La nostra bimba che scoppiava di vita proprio in quei giorni in cui Umbo ci ha salutato. Non riesco a essere chiara: la persona di Umbo, il suo ricordo e pensiero lo vedo strettamente collegato a Gaia, lui voleva per noi questo: il compimento della nostra vocazione come famiglia che sfocia nell'essere genitori. Dunque è vero ero al tuo funerale Umbo ed ero triste ma sapevo di avere tra le braccia un frutto che ti avrebbe reso fiero.

Lettera di Luca Bertolani a Umberto

Giovedi Santo, 29 marzo 2018

“Non lasciate che quel fuoco si spenga”

Mi ricordo, forse era l’anno 2002 o 2003, una messa insieme io e te a Ospizio e poi ci siamo fermati fuori dalla chiesa con don Luca, che era andato via dalla Conso da poco tempo. Parlando del campo estivo che stavamo organizzando con i gruppi dell’ac insieme ad Oulx, ci aveva detto proprio così “non lasciate che quel fuoco si spenga” sollecitandoci ed incoraggiandoci all’impegno e alla missione, alla fede in Gesù. Ne abbiamo riso un po’ dicendo tra noi: “facile dire così” ma adesso tocca solo a noi…

Sono passati tanti anni e ti ringrazio perché non hai lasciato che quel fuoco si spegnesse.

Guardando alla tua vita, alla tua famiglia, alle amicizie, al servizio con i giovani, alla vicinanza ai sacerdoti, come amico sei stato un luminoso esempio di intelligenza, creatività e affidamento per permettere a quel fuoco di crescere, di alimentarsi.

In questi tempi molto difficili il Signore non ci fa mancare le sue consolazioni, anzi le moltiplica.

Ho negli occhi i nostri incontri di questi mesi con te seduto in sala davanti al camino con il fuoco che ti riscalda e ti dà conforto.

Credo di poter dire con certezza che quel fuoco rimarrà sempre acceso.

Il tuo dono di questi anni e quello specialissimo degli ultimi, ha portato ad una sovrabbondanza di Amicizia e di comunione. Non si può fare altro che ringraziare per questo.

La tua vita è un regalo di Dio per tanti di noi.

Come dice Don Pietro nell’omelia del giovedì santo del 1988, nella serata di oggi viviamo la comunione come partecipazione alla vita e alla resurrezione.

Con grandissimo affetto,

Luca