Penso ai momenti di preghiera ed il servizio insieme alla Casa della Carità, in parrocchia, il suo ingresso in Azione Cattolica, e la vita comunitaria. Come uomo e come coppia, Umberto e Chiara sono cresciuti e maturati tanto e certi doni che contraddistinguevano Umbo sono anch’essi cresciuti e maturati con il tempo. Con il tempo e con il dono di sé.Umberto aveva una grande capacità di renderti partecipe delle sue abilità: a partir dalle sue capacità sportive, a tutti note. Sugli sci, ad esempio. La montagna, gli sci, la neve: era un luogo prediletto da Umberto e vederlo sciare era un piacere! In un campeggio invernale della parrocchia, anziché andare a sciare e divertirsi con gli altri, si era fermato con me ventenne ad insegnarmi a sciare, cosa tutt’altro che scontata per la sottoscritta! Eppure anche in una cosa come questa sapeva essere maestro. Si fermava a spiegarmi la teoria, accompagnando le parole ai disegni sulla neve con la punta della bacchetta. L’angolo da formare con le gambe nello sciare, il perché ad una certa postura seguiva quel movimento e perché infine sciare poteva essere possibile anche per me, che mi sentivo così imbranata! Aveva questa grande capacità di semplificare cose apparentemente difficili e di snocciolarti cose improbabili. Il suo accompagnarti ti aiutava a superare la paura ed il timore di cadere. Era un accompagnamento che si fondava su argomenti ragionevoli e fondati come te li mostrava lui (e mentre lo scrivo mi sembra di sentirlo parlare!). Ma poi non si fermava a mostrarteli ma ti chiedeva a che punto eri del cammino. Si sapeva far carico dell’amico.
Se lui viveva qualcosa di bello, stanne pur certo che non lo teneva solo per lui ma amava condividerlo…come lo spezzare il pane insieme ai suoi amici!Amava Vasco Rossi…tutti lo sapevano. Ricordo un altro viaggio in macchina con lui diretta (o di ritorno?) al campo AC a Sant’Antimo. (Campo veramente bello, dove tra l’altro avevamo avuto occasione di partecipare ad una udienza dell’amato Papa Giovanni Paolo II a Castel Gandolfo. Il ricordo richiama le ore notturne trascorse tra le belle chiacchierate a scrivere le nostre lettere piene di sogni e speranze da consegnare al Papa in occasione dell’Udienza con quella giovane convinzione che sa farsi realtà. O anche le preparazioni alle confessioni tra amici in una serata resa ancor più luminosa dalla luna piena). Constatata la mia ignoranza su Vasco Rossi, Umbo ha trascorso tutto il viaggio raccontandomi della vita e dell’evoluzione umana del cantante, dando voce alle sue compilation, quasi come in una catechesi, appassionando senza precedenti anche me a Vasco! Aveva una grande capacità di ascoltare l’uomo senza pregiudizi. E ancora oggi sentire una nota di Vasco mi riporta a lui.
Altre volte, anche nella mia vita da sposa ho sperimentato questa sua capacità di renderci partecipi delle cose belle che lui faceva, ai tanti inviti e coinvolgimenti per me e Massy nel far servizio in cucina nel campeggio dei ragazzi della parrocchia; nell’interrogarci sulla vita comunitaria o nelle attività del Movimento Giovani, che da un certo punto in poi è diventato luogo principale del suo servizio e della sua presenza; negli incontri giornalieri sul lavoro con mio marito che lo custodivano in un’amicizia speciale, portando tanto bene alla nostra famiglia.
Anche nella sofferenza della malattia ha saputo farsi pane spezzato per i suoi amici: ricordo quella mattina in cui al risveglio, acceso il cellulare, è comparso il suo messaggio, che diceva così “Stanotte ho portato uno ad uno ciascuno di voi al Signore”. Ho pensato: niente, nessuna briciola di questa sofferenza andrà perduta! E gli ho risposto “Ti voglio bene, Umbo!”. Non potevo sopportare l’idea di non avergli detto neanche una volta espressamente il bene che avevo per lui. Umbo ha saputo donare tutto sé stesso per gli altri. Anche la sofferenza, come i motivi di gioia e le sue abilità, divenivano luogo di condivisione come mai avrei pensato potesse esserlo. Nella malattia ha saputo aprirsi agli altri: ci ha resi partecipi di quel che gli accadeva passo, passo. Ogni tac, ogni esame, ci diceva com’era andata…era un modo nuovo per me di vivere la prova e lo ringrazio. Nel chiederci di unirci alla preghiera per lui, perché si facesse la volontà di Dio, mi tornavano alla mente le parole dell’Esodo, quando si racconta di Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, che sostenevano le mani di Mosé perché si facevano pesanti e Mosé era stanco. E quando Mosé teneva le mani alte verso il cielo il popolo d’Israele guidato da Giosué vinceva. (Esodo 17, 11-12). Così anche lui ci chiedeva di sostenergli le mani, alzandole verso il cielo, perché la preghiera si facesse incessante e le forze non venissero meno.
Oggi, invece, credo che nel chiederci di pregare per lui, in realtà, lui stesso si facesse preghiera vivente per noi amici, forgiando con il fuoco dell’amore le nostre anime, annodandole insieme in una comunione con lui che mai finirà. Ed allora quella parola di Sant’Agostino che era ardente speranza la notte della sua salita al cielo, oggi è diventata una profonda convinzione: “Non esiste vera amicizia se non è cementata da Te tra coloro che Tu stringi a Te «nella carità diffusa nei nostri cuori dallo Spirito Santo che ci è stato dato»” (S. Agostino, Confessioni, Libro IV, cap. IV). Umbo ci ha indicato la strada perché la nostra amicizia fosse “per sempre”, cementandola nel Signore.
Tante cose ancora si potrebbero ancora scrivere e raccontare su Umbo ma oggi mi fermo qui.